La Corte di Cassazione ha ribadito recentemente che “in tema di vendita di animali, le norme del codice civile si applicano in mancanza di leggi speciali o, in via gradata, degli usi locali; il venditore è tenuto alla garanzia per vizi per il solo fatto oggettivo della loro presenza, salvo che il compratore fosse a conoscenza dei vizi o che gli stessi fossero facilmente riconoscibili sempre che il venditore non abbia dichiarato che l’animale ne era esente” (Cass. civ., Sez. II, Ord., 6 dicembre 2024, n. 31288).

Nel caso in esame, la Suprema Corte ha riconosciuto la responsabilità del venditore, sottolineando come questi, in qualità di professionista, fosse tenuto a una diligenza particolare. Nonostante avesse garantito la salute dell’animale, non aveva verificato adeguatamente le condizioni patologiche reali, privando così gli acquirenti della possibilità di decidere consapevolmente se concludere il contratto, considerati i futuri disagi, le sofferenze per l’animale e i costi delle cure. Precisa, inoltre, che da tali fatti “consegue che, sia ai sensi della normativa civilistica ( art. 1492 c.c.) che del Codice del Consumo (art. 130, commi 2 e 7 del Codice del Consumo), gli acquirenti potevano chiedere, a loro scelta, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni.” in quanto “L’obbligo di garanzia per vizi della cosa venduta pone il venditore in situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’ iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della “actio quanti minoris” o della “actio redhibitoria“, azioni fondate sul solo dato obiettivo dell’esistenza di vizi, indipendentemente da ogni giudizio di colpevolezza“

Avv. Leonardo Gulino

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